Stupiscimi prima che sia io a farlo, andandomene. Ho provato a ripeterlo nella mia mente una quantità di volte sufficienti da convincermi che solamente nei film le cose prendono davvero la piega giusta. Avrei voluto incrociare il tuo sguardo un’ultima volta maledicendo le mie guance rosse. Avrei voluto vivere l’autunno con te e non senza di te e forse anche tutte le altre stagioni, ma l’autunno un po’ di più. A volte scorro velocemente la rubrica per soffermarmi un attimo sul tuo nome e cognome. Nessun diminutivo o nessun soprannome perché tutte le persone più importanti necessitano di un nome e cognome e nient’altro. Mi perdo spesso a fantasticare sul tuo contatto salvato in rubrica, lo guardo e penso ai vecchi scatoloni nel tuo androne di casa. Chissà se alla fine hai scelto l’appartamento vicino alla stazione Tiburtina. Era così fresco, pieno di luce, pronto a essere vissuto. In due. Tu e qualche coinquilino che avrebbe rispecchiato le tue esigenze. Non troppo festaiolo, non troppo logorroico, non troppo ingombrante, non troppo qualunque cosa che possa distrarti. Come succedeva con me. Ero troppo, ma sai forse perché tu non davi mai abbastanza e mi toccava spingere al massimo per recuperare le parti mancanti. Forse avrei voluto essere oltre alle tue aspettative invece di sentirmi come quel chilo in più che vuoi semplice nascondere sotto un maglione di lana oversize. Non ti rimprovero nulla, non cambierei nessuna mia mossa o contromossa ma sai i rapporti che iniziano come il nostro finiscono come chi ha in una partita di scacchi gli sono toccati i neri.
Tratto dai pensieri aggrovigliati del lunedì
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