“Ho bisogno di parlarti, per davvero.”
Molto probabilmente sono pazza. So bene che scrivendo quel messaggio ho dichiarato guerra. Ho sempre odiato quelle frasi fatte, ma se pensa sia sufficiente tenermi buona con un messaggio sul suo lavoro io uso una frase fatta. Non le ho mai utilizzate, nemmeno la fatidica scusa del mal di testa quando non mi andava di farlo. A volte capita. Hai altri pensieri e allungare le mani è tra gli ultimi. Anche lui lentamente ha iniziato a voltarmi le spalle invece della classica buonanotte. Succede. Lo so benissimo che i primi mesi non corrispondono mai alla routine reale. I primi mesi analizzi ogni centimetro di pelle possibile. Hai sete di conoscere quei battiti, quel respiro, quella presenza. E poi lentamente allenti la presa perché non puoi scoprire tutto così rapidamente. In quel momento cambia qualcosa. Lo spazzolino prende posto nel bicchiere vicino al lavandino, la sua maglietta stropicciata finisce nella lavatrice insieme ai tuoi vestiti, i cereali e lo yogurt bianco magro che ti hanno sempre fatto schifo entrano nel tuo frigo. Ti ritrovi al supermercato a ricomprarli e magari dopo qualche mese anche a mangiarli dicendo che non sono così malvagi. Palle, ora che lui è Genova posso dirlo senza alcun problema questi stupidi cereali fanno schifo. In questi mesi mi sono fatta tante domande. Quando sei distante inizi a pensare a tutto. Parti con dei semplici chissà come sta, cosa fa e finisci con quella che manda in crisi chiunque: e se avesse un’altra? Magari non hai delle prove e anche se sei un’appassionata di criminal minds non te la senti di trovarne. Inizi ad aggrapparti a un dubbio poi ne cerchi un altro. Non sai il motivo. Escono fuori e li noti. Ora eccomi qui a prendere tempo prima che lanci la bomba. Lo so che è arrivato il momento di fare i conti, ma diciamocelo avevo quattro in matematica e riuscire a tenere un discorso faccia faccia sono tra le cose che più mi terrorizzano. Non sono brava con i sentimenti, aggredisco quando ho paura. Anche se spesso mi ripeto mentalmente di non farlo, di aspettare, di avere pazienza.
“Di quanto tempo hai bisogno?”
Che domanda è?
(Frammenti, i puzzle della quotidianità)
È agghiacciante come alcuni stereotipi siano fottutamente reali. Cambiano i personaggi, cambiano i dettagli ma la storia si ripete sempre, esattamente, allo stesso modo, con gli stessi passi e le stesse modalità.
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Ahimè gli stereotipi fanno parte di noi e spesso sono il filo conduttore di molte dinamiche. Totalmente differenti, ma sotto sotto con elementi comuni. La domanda “di quanto tempo hai bisogno” è un’immensa fregatura, ma non ti svelo nulla sulla continuazione del racconto. Vediamo se ti sorprendo.
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Allora mi fido e aspetto
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P.s. voto dieci alla risposta “di quanto tempo hai bisogno?”, quando ti dicono ‘sorprendila’ ma tu fraintendi…
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Amo tantissimo il modo in cui scrivi, e non vedo l’ora di leggere come continuerà 🙂
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Quando trovo i tuoi commenti faccio sempre una bella scorta di entusiasmo e voglia di continuare a scrivere per mettermi alla prova. Nei prossimi giorni faccio uscire un nuovo capitolo! 🙂
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